1° tenente di vascello Luigi BOLOGNA

 

                 

                                                                    

Foto a sinistra: Allievo Accademia Navale (Archivio Accademia Navale)

Foto a destra: Tenente di vascello  (U.S.M.M.)    

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    

                                                       

Nato il 17 maggio 1888 a Torino da Luigi e da Rosalia Cova. Allievo nella Regia Accademia Navale dal 20 novembre 1905 per D.M. 22 novembre 1905, ha contratto nel C.R.E.M. (Corpo Reali Equipaggi Marittimi) la ferma di anni 6 in base all’art. 85 del Testo Unico delle leggi sulla leva marittima ed  è iscritto al n° 26607 di matricola come da atto 4 dicembre 1906.

Fu guardiamarina nel Corpo di Stato Maggiore Generale della Regia Marina dal 1° marzo 1909, sottotenente di vascello dal 1° settembre 1911, tenente di vascello dal 1° gennaio 1915. Venne poi collocato in aspettativa per motivi speciali, dietro sua richiesta e per la durata di 11 mesi, dal 16 febbraio 1920 per R.D. datato 1° febbraio 1920. Fu trasferito in aspettativa per riduzione dei quadri e richiamato in servizio effettivo dal 16 gennaio 1921 per R.D. del 16 gennaio 1921.[1]

 

 

                      

 

Foto a destra, L. Bologna in una foto con cadetti russi durante la visita a San Pietroburgo della R.N.Scuola Vespucci (Archivio Giovanni Solli)

Foto a sinistra, Cadetto della Regia Accademia Navale (Archivio Giovanni Solli)

    Dal luglio 1906 svolse una serie d' imbarchi sulle R.N.  A. Vespucci, Etna, V. Emanuele, S. Giorgio, Garibaldi, Nembo, Elba, G. Cesare fino al maggio 1915, inizio del primo conflitto mondiale. Venne poi assegnato al 3° Dipartimento Marittimo per D.M. del 13 marzo 1909. Ebbe una licenza straordinaria di due mesi per infermità non derivante da cause di servizio e rientrò il 1° agosto 1909. Partecipò alla campagna di  guerra italo-turca dal  1911 al 1912.[2] Dal 1° Maggio 1915 prestò  servizio presso le Squadriglie Idrovolanti di Venezia, Grado e 241ª Squadriglia Aeroplani fino al 20 settembre 1919. Il piemontese Luigi Bologna fu uno dei molti giovani che, agli albori del secolo scorso, furono affascinati dalla novità del mezzo aereo, evidenziando le doti fondamentali per un pilota quali il coraggio e lo spirito di sacrificio. Si distinse per professionalità e capacità di organizzazione dimostrando qualità che in seguito lo portarono anche a distinguersi in competizioni sportive.

 

 

 

 

 

 

 1918. Luigi Bologna, al centro, con piloti americani e italiani di fronte ad un caccia terrestre Hanriot HD.1. (Archivio Montanarella)

 

    Alla scuola del “Pizzone”, così era chiamata la scuola di Taranto, a quel tempo vi erano   mezzi ed impianti modesti in dotazione e solamente  tre istruttori americani ed uno italiano. Fu proprio quest’ultimo, il comandante Roberti di Castelvero, uno dei primi pionieri dell’aviazione, a diventare maestro di Luigi Bologna.

Il giovane torinese ebbe il battesimo dell’aria su un idrovolante Albatros. Imparò poi a pilotare anche i Curtiss sotto la guida degli istruttori americani comandati da John Lansing Callan[3], che sarebbe tornato più tardi in Italia per organizzare le basi dell’aviazione della Marina americana. Insieme a Bologna, seguendo lo stesso corso, ottennero il brevetto altri piloti come Garrassini Garbarino, Pellegrini, ed altri che ebbero modo di distinguersi  durante la guerra.

Il 4 marzo 1915 si  imbarcò sulla prima porta idrovolanti della Regia Marina, la R.N. Elba e, mentre si trovava in volo d’allenamento su un idrovolante Curtiss Triad, Bologna precipitò in acqua e nel venire a galla, cercando di lasciare l'aereo, riportò gravi lesioni in varie parti del corpo.

 

 

 

 Tenente di vascello  Luigi Bologna a Porto Corsini          (Archivio Mauro Antonellini)

 

Il 25 maggio 1915 fu destinato alla Squadriglia Idrovolanti di Venezia nell’isola di S. Andrea dove si trovavano Manfredi Gravina, Luigi Bresciani, Carlo della Rocca[4] ed altri piloti comandati dal tenente di vascello Giuseppe Miraglia. Il reparto era spesso frequentato da un ospite di riguardo, il poeta Gabriele d’Annunzio, che tanta parte ebbe nel pubblicizzare le imprese di marinai ed aviatori, molte delle quali da lui stesso ideate.

L’attività della nostra idroaviazione nei primi mesi di guerra era limitata dalla scarsità dei mezzi e dalle caratteristiche degli aerei che permettevano di eseguire quasi esclusivamente ricognizioni sul cielo nemico. Per questo l’attività fu intensa e giornaliera, vennero eseguite ricognizioni sul mare e sulle basi nemiche di Trieste e Pola. Il 7 agosto 1915, tuttavia, fu decisa un’azione dimostrativa e offensiva su Trieste con quattro idrovolanti, due Albatros e due F.B.A. francesi, uno dei quali pilotato da Miraglia, con d’Annunzio come osservatore, e l’altro da Bologna. Furono lanciati manifestini firmati dal poeta inneggianti alla prossima liberazione della città e furono bombardati alcuni impianti militari. Bologna sganciò  bombe che esplosero nei pressi del Palazzo Luogotenenziale e delle torpediniere in porto. Appena due giorni dopo quell’azione, il 9 agosto 1915, Bologna partì alla volta di Pola, la maggiore piazzaforte nemica, che ospitava la flotta austriaca. L’azione è sinteticamente descritta nella motivazione del conferimento della  Medaglia d’Argento al Valore Militare. In seguito, dopo diversi giorni di difficili ricerche, il 17 agosto 1915 insieme a Giuseppe Miraglia e Manfredi Gravina, Bologna fu uno dei protagonisti del ritrovamento del sommergibile Jalea del quale si erano perse le tracce dopo  l’affondamento causato dall’urto con una mina. Il 23 dicembre  Miraglia e d'Annunzio progettarono un ambizioso raid che avrebbe dovuto avere come obiettivo l'importante città di Zara, utilizzando Ancona come base intermedia. Il percorso doveva essere Venezia – Ancona – Zara – Ancona – Venezia e vi  avrebbero dovuto partecipare quattro Albatros, uno dei quali comandato da Bologna. Tutto questo non potè essere portato a termine in quanto il 21 dicembre Miraglia, durante un volo di collaudo del nuovo L1, precipitò in mare e morì. Per onorare la sua memoria da quel momento in poi la base di Sant’Andrea fu a lui intitolata.

 

            

 Foto a sinistra: Bologna ai comandi del Lohner L161.   (Archivio Roberto Gentilli)                   

Foto a destra: S. Andrea, Venezia. Si riconoscono: Garrassini 2º,  Conneau 4º, Bologna 5º, d’Annunzio 6º e Bresciani 7°. (Archivio Giovanni Solli)

   

D'Annunzio chiese al comandante Valli di non rinviare l'impresa e a Bologna di essere il suo pilota, in sostituzione dell'amico morto, tuttavia il progettato volo su Zara fu rinviato a tempi migliori.  Il 15 gennaio del 1916 Bologna, divenuto ufficialmente pilota di d’Annunzio, avrebbe dovuto compiere insieme a lui un volo di ricognizione sull’Istria. Provarono due apparecchi, ma non riuscirono nemmeno a decollare a causa del mancato funzionamento dei carburatori.. Al terzo tentativo riuscirono, ma anche questa volta vi furono dei problemi. Sopra Caorle il vento si fece più forte, turbinìi improvvisi iniziarono a scuotere l’apparecchio che prese a sobbalzare in modo preoccupante, non riuscendo a prendere quota a causa del motore che aveva iniziato a scoppiettare. Bologna, certo del fatto che l’aereo non sarebbe riuscito a salire, decise di rientrare. L’apparecchio si abbassò, virò con il vento in poppa e l’ammaraggio fu eseguito senza difficoltà.  Il giorno successivo, Bologna, con d’Annunzio in qualità di osservatore, partì in missione su Trieste. Al rientro, sulla verticale di Grado, il carburatore cominciò a evidenziare gli stessi  problemi finché,  ad un tratto, il motore si arrestò e l'aereo fu costretto ad ammarare. Durante la manovra, resa difficile dalla mancanza di propulsione del motore, Bologna, ingannato dal riflesso del sole sull'acqua non avendo potuto misurare bene l’altezza dal mare, cercò di riprendere quota ma  l’aereo cadde con violenza sulla superficie marina. D'Annunzio urtò con la fronte e l’occhio destro contro il bordo della carlinga, restò semicieco per qualche ora, poi si riprese, ma solo in parte, continuando ad accusare dolori e disturbi alla vista. Il Poeta, tuttavia, non manifestò il proprio dolore poiché non voleva che la notizia dell’errore di manovra danneggiasse la reputazione di Bologna e compromettesse il volo su Trieste previsto il giorno successivo. 

    Il mattino seguente, infatti, i due decollarono alla volta di Trieste sul Lohner L 161 e il volo questa volta si svolse regolarmente.  Come previsto, tre torpediniere indicavano la rotta con le loro scie percorrendo il tratto da Venezia fino a Grado, poi verso Miramare. Su Trieste l’aereo fu sottoposto ad un violento fuoco di artiglieria, ma, nonostante non riuscisse a superare i 1500 metri di quota, non fu colpito. La missione fu compiuta con successo e fu accertata la presenza in porto di tre grosse torpediniere. Il poeta lanciò, come sua abitudine, un messaggio d’augurio agli italiani di Trieste. Nei giorni successivi il fastidio all’occhio continuò ed una visita  medica constatò il distacco della retina. D’Annunzio fu costretto alla completa oscurità nella speranza di guarire, ma perse per sempre l'uso dell'occhio ferito. Il 30 gennaio 1916 Bologna fu nominato comandante della squadriglia di idrovolanti di Grado e trasferito sull’isola di Gorgo. Sostituì il tenente di vascello Ugo de Rossi del Lion Nero, famoso aviatore, veterano della campagna di Libia nel 1911 e celebre  istruttore,  che,  tra gli altri,  aveva portato Francesco Baracca all’acquisizione del brevetto. Bologna giunse al suo nuovo comando il 3 febbraio utilizzando per il trasferimento il suo idrovolante. Fece appena in tempo a ricoverare il mezzo nell’hangar che tutta la base subì un attacco da parte dell'idroaviazione austriaca a seguito del quale la maggior parte dei velivoli della stazione andò distrutta.

 

                  

 

Nelle due foto: Luigi Bologna Comandante a Grado .(Archivio Giovanni Solli)

 

 

Grado, la base d’idrovolanti più avanzata, aveva di fronte, a soli cinque minuti di volo, Trieste e Prosecco che nei giorni chiari potevano essere visti  ad occhio nudo. Questa vicinanza fece sì che gli avversari riuscissero ad essere ben informati sulle rispettive mosse. Si conoscevano le abitudini e i caratteri e non di rado venivano scambiati commenti gettando fogli  negli opposti schieramenti. Questo comportava una tensione continua ed  una ricerca esasperata di inganni e di astuzie per avere la meglio gli uni sugli altri. Fu in questa situazione che il comandante Luigi  Bologna si trovò ad affrontare il più grande dei piloti dell’aviazione marittima austriaca, il comandante della Stazione idrovolanti di Trieste Godfried de Banfield. Poiché i piloti presenti alla base italiana erano  in generale poco addestrati a far fronte agli attacchi nemici, rimasero Bologna ed un solo pilota veterano, il secondo capo Daniele Minciotti.[5] I due si levarono in volo a turno due o tre volte al giorno ed iniziarono a bombardare i dragamine austriaci che percorrevano il golfo. Volarono poi su Trieste fotografando impianti e quindi bombardarono gli hangars nemici che fino ad allora erano rimasti nascosti. Il 12 giugno 1916 ci fu un avvicendamento nel comando della squadriglia di Grado, il comandante delle squadriglie di Venezia, Carlo della Rocca, incaricò il tenente di vascello Silvio Montanarella, divenuto marito di Renata, figlia di D’Annunzio, di sostituire Luigi Bologna richiamato a Venezia. All’inizio di settembre il Comandante in Capo della piazza di Venezia  Giulio Valli dispose di bombardare gli hangars degli idrovolanti e degli aeroplani di Parenzo. A tale impresa collaborarono le forze francesi che erano presenti a Venezia, una squadriglia di F.B.A., che era insieme alla nostra di S.Andrea, e l’altra di caccia terrestri che era al Lido.[6] Parteciparono all’operazione complessivamente dodici idrovolanti scortati da quattro caccia. Contemporaneamente il Comando Supremo dell’Esercito sferrò un attacco contro la zona industriale di Trieste e gli hangars della baia di Muggia con l’impiego di 26 bombardieri Caproni scortati da 14 aerei da caccia. La rotta di avvicinamento che seguiva l’andamento della costa e il sole alle spalle agevolarono  l’azione che avvenne quasi di sorpresa.  Come di consueto, lungo  la   rotta,  furono  scaglionate,  alla distanza   di  tre  miglia  l’una dall’altra, 12 torpediniere delle quali tre provviste di radiotelegrafia e due motoscafi antisommergibili.  Il 13 settembre, dunque, vari gruppi d’idrovolanti e aeroplani da caccia lasciarono Venezia. All’azione parteciparono le Squadriglie francesi e italiane di Venezia e la Squadriglia di Grado. I francesi misero a disposizione i quattro caccia Nieuport per la scorta e un idrovolante F.B.A. Gli altri dodici idrovolanti appartenevano alle squadriglie italiane di S. Andrea e di Grado. I dodici idrovolanti, raggruppati in due squadriglie di sei, erano agli ordini dei rispettivi capi squadriglia, i tenenti di vascello Bologna e Garrassini. La partenza avvenne con un intervallo di due minuti fra i gruppi. La squadriglia da caccia, dotata di aerei terrestri, partì 15 minuti più tardi in modo tale da permettere a tutti di raggiungere contemporaneamente l’obiettivo. In quell’occasione si ripropose a Bologna di lavorare in coppia con D’Annunzio nel ruolo di osservatore. Il poeta , dopo sette mesi di inattività forzata,  aveva infatti ripreso la sua attività aviatoria e aveva scelto di nuovo Luigi Bologna come pilota, a dimostrazione della stima che nutriva nei suoi confronti,  rinnovandogli così una fiducia che non era mai venuta meno.  Dalle 17.30 alle 17.55 gli aerei si avvicendarono sull’obiettivo lanciando 53 bombe su hangars e batterie di Parenzo. L’aereo L 161 di Bologna rientrò regolarmente. Non  fu così, purtroppo,  per il tenente di vascello Garrassini Garbarino colpito da shrapnells[7] al motore e per il capo timoniere Arturo Zanetti che, costretti all’ammaraggio, tornarono a rimorchio delle torpediniere. L’attività di Bologna proseguì instancabile. La notte del 17 settembre 1916 eseguì un’operazione notturna di bombardamento su Trieste con la quale guadagnò la Medaglia di Bronzo al Valore Militare.[8]  

 

 

      

 

Foto a sinistra: Luigi Bologna in tenuta di volo. (Archivio Giovanni Solli)

Foto a destra: In divisa da Ufficiale di Marina. (Archivio Giovanni Solli)

 

I pericoli della guerra aerea non erano legati solo al fuoco nemico, ma erano costituiti anche da frequenti incidenti aerei dovuti alla fragilità delle macchine del tempo. La vita del nostro pilota ne fu infatti segnata ancora una volta. Il giorno 11 dicembre, in un volo di prova eseguito da solo a bordo dell’idrovolante F.B.A, in seguito ad una falsa manovra, precipitò causando la distruzione dell’apparecchio. Egli riportò contusioni al ginocchio destro ed escoriazioni multiple di terzo grado. Concluse così l’anno 1916 in convalescenza e, agli inizi del 1917, fu trasferito all’aviazione dell’Esercito in carico al 1° Gruppo Aeroplani di Santa Maria La Longa (Udine). La 7ª Squadriglia di cui entrò a far parte era equipaggiata coi famosi bombardieri Caproni Ca.300.[9] Il 20 aprile a bordo del Ca.719 pilotato dal tenente Bacula[10], futuro collaudatore della SIAI, e con il sergente Bosio, il mitragliere d’Arduino e Bologna in qualità di osservatore, fu eseguita un’azione di bombardamento su Trieste che aveva come obiettivo i cantieri di produzione degli idrovolanti.

            Dopo questa parentesi presso i reparti da bombardamento dell’esercito, Bologna venne richiamato a Venezia e gli venne affidato il comando della appena costituita 251ª Squadriglia che tenne fino al novembre del 1917. Essa venne formata con il personale ed il materiale del1a Squadriglia Idro di S. Andrea, la prima unità di cui Bologna aveva fatto parte agli inizi della guerra. La linea di volo composta da F.B.A. fu gradualmente sostituita dai nuovi Macchi L3. Compiti di tale squadriglia, oltre alla difesa dello spazio aereo della città, erano la ricognizione in alto mare e quella delle basi nemiche di Trieste e Pola, la direzione dei tiri dell’artiglieria navale che utilizzava bocche da fuoco piazzate su pontoni galleggianti che bombardavano il nemico dal mare, e infine la protezione delle operazioni eseguite dalle forze della Regia Marina. Le azioni di scorta e di ricognizione costituivano  tuttavia l’attività principale. Il 13 aprile, insieme all’osservatore Spartaco Soventi, Bologna si recò su Pola per scortare i ricognitori dei colleghi della 252ª Squadriglia anch’essa di base  a Venezia. Il 17 aprile, nell’ambito di una complessa e vasta operazione, due L 3 si levarono in volo contro il naviglio sottile austriaco costituito dalle agili Torpedoboat[11] e dai sommergibili che erano particolarmente attivi nel settore.                             

 Il 14 luglio Bologna, al comando di una coppia di L 3, si recò in ricognizione su Pola dove rilevò la presenza in rada di 13 unità navali di grosso tonnellaggio. Sulla rotta di ritorno la coppia incrociò la torpediniera nemica Tb 52 nei pressi dell’isola di Brioni e la attaccò con bombe che la mancarono per pochi metri.

Il 14 agosto l’intera squadriglia intervenne ripetutamente su unità navali leggere, che si erano spinte sotto la costa italiana per appoggiare un pesante attacco aereo su Venezia. Bologna e Bevilacqua come osservatore avvistarono una dozzina di siluranti e le segnalarono immediatamente  al gruppo navale italiano, ma poco dopo furono costretti, per cause imprecisate, ad ammarare a dieci miglia da Cortellazzo. L’idrovolante si capovolse a causa del mare grosso e l’equipaggio fu prontamente soccorso dalla torpediniera 13 OS.

 

 

Luigi Bologna e alcuni piloti italiani e americani a Venezia nel 1918. Da sinistra,  2° Ravelli, 4° De Riseis, 5° Montanarella, 7° Bologna .(Archivio Mauro Antonellini)

 

I mesi di settembre e ottobre videro il comandante Bologna scortare gli L 3 in missione di ricerca e bombardamento con il suo nuovo Macchi M 5. Questo fu il primo modello di idrovolante concepito espressamente per la caccia e Bologna fu uno dei primi piloti ad utilizzarlo in combattimento. In seguito alla ritirata di Caporetto la squadriglia fu chiamata ad intervenire anche sul fronte terrestre per rallentare l’avanzata del nemico.

Il 1° novembre del 1917 Luigi Bologna assunse il comando della 260ª Squadriglia di nuova costituzione, anch’essa presente a Venezia e dotata interamente dei nuovi caccia Macchi M 5. Fu in questo periodo che Bologna decorò il suo M 5 numero 7 con l’insegna personale consistente in una feroce testa di gatto nell’atto di azzannare. Il comando dell’unità da caccia fu da lui mantenuto fino a dicembre, quando passò a comandare il Gruppo Squadriglie da Caccia.

            Questo gruppo riuniva tutti i piloti da caccia della “Miraglia” che nel frattempo erano diventati quindici. Ai primi di gennaio 1918 i cacciatori di Bologna estesero la loro attività anche contro i draken[12] nemici, infatti il Comando Supremo aveva impartito l’ordine secondo il quale, nei giorni dell’offensiva del nostro esercito, nessun draken nemico doveva alzarsi in volo. Si trattava di azioni molto pericolose in quanto i palloni erano bersagli difficili da abbattere date le loro dimensioni ed erano particolarmente protetti dalla difesa nemica. Pochi furono i palloni abbattuti, ma lo scopo fu raggiunto in quanto il nemico non osò sfidare gli attacchi degli M 5. In quel periodo sul nostro fronte erano presenti alcuni reparti inglesi dei Royal Flying Corps che affiancavano l’aviazione italiana nel fronteggiare la pressione nemica.

 

 

Luigi Bologna e il francese De Limour in un momento di riposo al Lido di Venezia. (Archivio David Méchin)

 

Il 5 febbraio Bologna portò in volo i caccia della 260ª e 261ª squadra per scortare gli aerei da bombardamento sulla linea del Piave. Rientrando dalla missione, a 15 Km a nord est di Venezia, avvistò uno dei suoi apparecchi circondato da tre caccia, si avvicinò per portare aiuto, ma  si accorse  che  erano inglesi,  perciò, dopo un cenno di saluto col  pilota  alleato del  primo caccia,  si avvicinò  al  secondo e, dopo avere compiuto diverse evoluzioni, sicuro di essere stato riconosciuto come italiano per le vistose insegne dipinte sull’aereo, si allontanò dirigendosi  verso Venezia. Poco dopo sentì il rumore di una scarica che pensò fosse dovuta al  malfunzionamento del proprio motore, ma un suo gregario gli confermò che era dovuta alla mitragliatrice del pilota dell’aereo inglese, Lieutenant A.G. Jarvis, che non lo aveva riconosciuto. La sola avaria riportata dal suo Macchi n. 7 fu un foro di proiettile nel piano di coda.

            Nella tarda primavera del 1918 la Regia Marina decise di formare una squadriglia da caccia dotata di aerei terrestri, la 241ª, che venne equipaggiata con il nuovo caccia Hanriot Hd.1 dotato di migliori prestazioni rispetto ai caccia idrovolanti. La squadriglia fu assegnata al comando di Bologna, ormai riconosciuto come il più esperto comandante di caccia della Regia Marina. La 241ª ebbe sede a Venezia Lido. Per i piloti della nuova squadriglia si rese necessario un periodo di addestramento per la conversione ai caccia terrestri che venne effettuata su alcuni Nieuport X e 17. Il 24 giugno Bologna compì la prima missione di guerra coi nuovi aerei, una crociera sul Piave. A luglio gli vennero assegnati altri Hanriot e compì diverse missioni di scorta alle incursioni degli L 3 e M 8 che attaccarono quasi quotidianamente la base di Pola e quelle dell’Istria. A coronamento dell’operato fin qui svolto, l’11 Luglio 1918 fu concessa a Luigi Bologna la seconda Medaglia d’Argento al Valore Militare.

Il 17 luglio si volle infliggere il colpo definitivo alla base della marina austriaca a Pola. Ventidue L 3 con bombe e quindici M 5, come caccia di scorta, partirono dalla stazione “Miraglia” di Venezia, insieme a quattro S.I.A. con bombe, nove S.V.A. dalla squadriglia S. Marco del Lido, diciotto bombardieri Caproni da S. Pelagio (Padova), sei F.B.A. per la protezione delle nostre navi e cinque M 5 per  la protezione degli FBA da Porto Corsini. Due ore dopo si levarono in volo dal Lido, a protezione del rientro degli stormi, due Hanriot e due Ansaldo Balilla della 241ª squadriglia. Il 19 agosto Bologna fu vittima di un nuovo incidente. Mentre si trovava presso la 122ª Squadriglia a Campoformido, durante un volo di prova sull’ Hanriot (matricola MM 19258) che doveva ritirare per la sua squadriglia, mise fuori uso l’aereo, fortunatamente senza gravi conseguenze.

 

 

 

 

 

 

 

 

Idrovolante M5  da caccia di Bologna, con il simbolo della testa di gatto (Archivio Giovanni Solli)

 

 

Negli ultimi mesi di guerra la squadriglia venne equipaggiata con i nuovissimi Ansaldo A1 di costruzione italiana che non riuscirono praticamente ad effettuare operazioni. Finita la guerra Bologna rimase in servizio nella sua squadriglia fino al 20 settembre 1919.

 

La Coppa Schneider

 

Il 16 febbraio dell’anno successivo chiese un’aspettativa della durata di 11  mesi  per  “motivi speciali”. Iniziò a lavorare come pilota per la SIAI che in quei mesi si stava preparando per partecipare alla Coppa Schneider prevista per i giorni 19 - 21 settembre 1920 a Venezia. Francesi e britannici non parteciparono alla competizione per disaccordi sul regolamento e avarie dei motori, perciò rimasero in gara solo gli italiani con quattro idrovolanti, due della Macchi e due della SIAI, tutti pilotati da veterani della guerra a dimostrazione del forte appoggio che le forze armate davano alla manifestazione aviatoria.

Anche gli Italiani, tuttavia, dovettero far fronte ad alcuni inconvenienti. Giovanni De Briganti, pilota dell’esercito su Macchi M.12, si ritirò per la scarsa competitività del suo aereo e la costruzione del Macchi M.19 del pilota di marina Arturo Zanetti non fu terminata in tempo come anche quella dell’S.19 del pilota di marina Guido Jannello. Solo Luigi Bologna col suo SIAI S.12 (MM 3011), che portava lo stesso numero 7 dell’M. 5 pilotato durante la guerra, fu in grado di gareggiare. Nonostante tutto ciò, la gara, ritenuta di grande importanza, non fu rinviata ad occasione più propizia e si decise di proseguire ugualmente, col  risultato che Bologna divenne  unico partecipante e vincitore.

L’S.12 era un biposto nato originariamente per la ricognizione e il bombardamento, vantava quindi discrete dimensioni e una apertura alare di m 11,72. Era stato convertito per l’occasione in monoposto, dotato di un grosso motore Ansaldo San Giorgio 4-E-28 da 550 cv con elica quadripala spingente.

Il 20 settembre 1920, dunque, con nubi basse, mare agitato ed un forte vento di nord-est che soffiava su tutto il percorso, Luigi Bologna prese il via da solo per l’edizione 1920 della Coppa Schneider impostata su un circuito triangolare di 37,117 Km, con virate a sinistra da corrersi dieci volte. Lo percorse senza danni, alla media di 172,561 Km/h. L’Aero Club d’Italia, a nome del suo presidente Carlo Montù, gli rilasciò il diploma di medaglia d’oro con la seguente motivazione:

 

“Pilota di ammirevole ardimento, di somma maestria e di altissima fede nell’avvenire della nostra aviazione, che, in condizioni di vento e di mare difficilissime, pilotando un apparecchio Savoia eseguiva magistralmente tutte le prove per la coppa di aviazione marittima “Jacques Schneider” in Venezia dal 19 al 21 settembre 1920; e vincendo brillantemente la gara conquistava all’Italia un nuovo mondiale trionfo” .

 

 

           

 

Luigi Bologna vincitore della coppa Schneider nel 1920. (Archivio Giovanni Solli)

    

Il 16 gennaio 1921 il nostro veterano rientrò dall’aspettativa e l’11 giugno dello stesso anno fu trasferito al dipartimento della marina a Pola. In quei  mesi  cominciò a  preparare  l’edizione   successiva della Coppa Schneider, che si sarebbe svolta ancora una volta a Venezia, con l’intento di portare in gara l’S 13 della SIAI. Come era successo l’anno precedente i britannici non parteciparono. Si presentò invece un francese, Sadi Lecointe, pilota assai noto a quei tempi, al comando di un Ni.29G. Le iscrizioni dei candidati italiani alla competizione furono invece talmente numerose che si rese necessaria una prova eliminatoria.

Parteciparono, tra gli altri, ben sei S.13 pilotati da Bologna, Giarrosio, Arcidiacono, Minciotti, Riccobello e Conforti.. Le eliminatorie vennero disputate il 3 agosto con traguardo davanti all’Hotel Excelsior del Lido e videro il trionfo degli aerei della Macchi. Bologna si classificò al quinto posto e fu quindi escluso dalla gara.

            La coppa fu vinta da Giovanni De Briganti che assicurò all’Italia la seconda consecutiva vittoria della Coppa Schneider.

            Il 23 agosto 1921 Bologna partì, al comando di un S 13 in compagnia del STV Calore, dal forte S. Andrea nella laguna di Venezia per collaudare un idrovolante. Per cause sconosciute l’aereo precipitò e Luigi Bologna morì assieme al suo compagno di volo.[13] 

Luigi Bologna è tuttora sepolto nel cimitero monumentale di San Michele a Venezia dove riposa accanto agli amici Miraglia e Bresciani. La sua lapide, simile a quella dei suoi amici, porta una dedica  dettata da Gabriele  d’Annunzio.[14]

Alla memoria del 1° tenente di vascello Luigi Bologna fu dedicato l’Idroscalo di Taranto, presso il quale egli stesso, da giovane ufficiale, aveva imparato a volare. Oggi su quella base ha sede la Scuola Addestramento Reclute dell’Aeronautica Militare.

 

            Fu decorato con due Medaglie d’Argento al Valor Militare.

 

1ª concessione

 

“ Per la perizia ed il sangue freddo dimostrati durante un suo volo verso Pola, riuscendo a tornare con l’apparecchio alla propria sede nonostante l’avaria al motore avvenuta in prossimità della Piazzaforte nemica”.

 

(Pola, 9 agosto 1915)                                                                               (R.D. 1° settembre 1915)

2ª concessione

“Pilota d'idrovolante di eccezionale abilità nel lungo servizio prestato alla stazione di Venezia, della quale fu uno dei fondatori, dimostrò sempre mirabile entusiasmo e spirito di iniziativa e fu di costante esempio ai suoi dipendenti che guidò molte volte in missioni di guerra”.

 

(Alto Adriatico, 1915-1918)                                                                                 (D.L. luglio 1918)

 

1917 Una medaglia d’argento al V. M. francese

1917 Una medaglia di bronzo al V. M.

1917 Una medaglia al V. M. inglese

1918 Una croce al merito di guerra italiano

1920 Diploma di medaglia d’oro dell’aero club d’Italia;

         Vincitore della Coppa Schneider a Venezia

 

Altre onorificenze

Campagna di guerra anno 1915-16-17-18.

Autorizzato a fregiarsi della medaglia commemorativa della guerra 1917-1918, istituita con R.D. 29 luglio 1920 n° 1241 ed apporre sul nastro le fascette relative agli anni 1915-16-17-18.

Autorizzato a fregiarsi della medaglia a ricordo dell’Unità d’Italia istituita con R.D. 19 gennaio 1922 n° 1229.

Croce al merito di guerra istituita per R. Decreto 19 gennaio 1918 n° 205.

 

 

Epigrafe della lapide commemorativa posta sul fronte destro dell’edificio dell’idroscalo di Taranto intitolato a Luigi Bologna.

 

“TROVO’ SUL MARE LA POESIA DI SUA VITA

NE’ GIORNI DELLA NOSTRA GRANDE GUERRA

FU TRA I PRIMI A VOLARE SULL’ADRIATICO

NON CURANTE  L’IRA DEI NEMBI E LA NEMICA

COMPI’ MOLTI VOLI GLADIATORI E TRIONFALI

PERCUOTENDO L’AUSTRIACA POSSA

DOPO LA GUERRA VOLANDO SULLA VENETA LAGUNA

CADDE E MORI’

LA PATRIA MEMORE

LO ADDITA

AVIATORE PUGNACE ARDITO SAPIENTE

A VOI CUI PUNGE DESIO DI GLORIA”

 


 

 

 

[1] Ministero della Difesa  - Direzione Generale per il Personale V° Reparto, 17ª Divisione Documentazione Personale Marina, Documento Matricolare di Luigi Bologna

[2] Ministero della Difesa  - Direzione Generale per il Personale V° Reparto, 17° Divisione Documentazione Personale Marina, Documento Matricolare di Luigi Bologna

[3] J. L. Callan pilota U.S.A., in Italia dal 1914 come rappresentante della ditta Curtiss. Gli aerei erano costruiti dalla ditta francese Paulhan detentrice del brevetto per l’Europa. Egli fece una dimostrazione sul lago di Como per la Marina Militare; ne furono acquistati tre con richiesta di collaborare all’istituzione della scuola  navale di aeronautica di Taranto a partire dal gennaio 1915.

[4] Della Rocca Carlo era nato a Roma il 16 maggio 1883; conseguì il brevetto di pilota idrovolante nell’aprile del 1913. Partecipò alla guerra contro l’Austria come pilota e poi  come Comandante la stazione idrovolanti S. Andrea dopo la morte di Miraglia. Perì in un incidente aviatorio mentre collaudava un aereo con due passeggeri a bordo. Partito dal lago di Varese il 31  maggio 1918 si schiantò contro una montagna coperta da nuvole.

[5] 2° Capo cannoniere Minciotti Daniele nato ad Assisi il 6 gennaio 1891.  Partecipò alla guerra italo-turca quindi da 2° capo conseguì il brevetto di pilota idrovolante e prese parte alla guerra contro l’Austria. Fu il pilota del primo idrovolante che in volo notturno andò a bombardare la costa nemica e incendiò l’hangar di Trieste. Promosso tenete della riserva nel 1927. MAVM

[6] Courtinat, Feuilloy, Le Roy, Morareau, Rossignol,  L’aviation marittime francaise pendant la grande Guerre, Ardhan Paris 1999

[7] Proiettile che autoesplode ad una certa altezza lanciando schegge affilatissime capaci di tagliare tubi e di attraversare le sottili lamiere degli aerei o i corpi dei piloti.

[8] Così recita la motivazione: “Pilota di idrovolante, si portava di notte su di un obiettivo militare e lo bombardava, dando prova di molta perizia, calma ed ardimento”.

[9] Gentilli, Varriale,  I Reparti dell’aviazione italiana nella Grande Guerra,  Roma, 1999, Ufficio Storico A.M. Roma, 1999

[10] Adriano Bacula, nato a Napoli il 5 marzo 1894. Conseguì il brevetto di pilota durante la guerra contro l’Austria. Fu nella 91ª Squadriglia  Baracca ed effettuò molti voli abbattendo un velivolo nemico. Partecipò alla coppa Schneider nel 1926 su un apparecchio di riserva. Decorato di Medaglia d’Argento al V.M.

[11] Torpediniere.

[12] Pallone aerostatico ancorato a terra e innalzato ad una certa quota, con osservatore militare all’interno di una  navicella. In uso anche su alcune navi della Marina Militare.

[13] Con queste parole d’Annunzio commemorò la sua morte:  “a una a una cadono le ultime aquile della battaglia nel medesimo fondo di laguna dov’era precipitato Giuseppe Miraglia, un mattino placido dello scorso Settembre, anche Luigi Bologna si spezzò le ali e le ossa. Nella medesima camera funeraria all’ospedale di Sant’Anna dove insieme avevamo vegliato il compagno della prima guerra, io sollevai il lembo della  bandiera per riconoscere quel viso forte che nella giornata di Parenzo si era voltato verso di me con un cenno non dissimile a quello dell’addio”.  Gabriele d’Annunzio.

[14] Gigi Bologna, tenente di vascello, pilota, comandante di aviatori condusse la sua ala attraverso la guerra, con essa la combatté intera,  per essa donò oltre ogni fiamma, la vita. Laguna di Venezia XXIII-VIII-MCMXXI 

 

Documentazione estratta dal libro " Giuseppe Miraglia e gli Amici della Squadriglia Idrovolanti dell'Isola di S. Andrea - Venezia"

di Giovanni Solli - Ed. Walberti Lugo 2009