ALI AL NATURALE:  I COLOMBI VIAGGIATORI NELLA GUERRA

(Mauro SCROCCARO  – Giovanni SOLLI)

 

La storia

 


I primi cenni sull’uso del colombo viaggiatore come messaggero li troviamo nella Bibbia quando Noè, dopo settimane trascorse nell’Arca in balìa del diluvio universale, si decise a far uscire un piccione per ben tre volte prima di vederlo tornare con un ramoscello d’ulivo racchiuso nel becco; per Noè fu il segnale che le terre cominciavano a riemergere dall’acqua.  

 

 

 

 

 

 

Foto 1:  Noè riceve l’ulivo

 

I ritrovamenti archeologici dell’epoca Etrusca ci confermano che esisteva già allora un sistema di insediamenti per l’allevamento dei piccioni. Ai tempi dei greci e dei romani venivano inoltre usati per comunicare le vittorie in battaglia. Durante le olimpiadi nell’Antica Grecia, servivano per comunicare ai cittadini i nomi dei vincitori, mentre  l’Imperatore Nerone li utilizzava per avvisare  amici e parenti sul programma delle competizioni sportive. Attorno al XII secolo i colombi servivano come collegamento postale tra l’Iraq e i territori dell’attuale Siria. In oriente era uso comune allevare colombi nei sultanati, mentre in Terrasanta i Cavalieri templari appresero l’uso di questo volatile dagli arabi, come peraltro risulta confermato dai ritrovamenti di torri colombaie (dette anche colombere o palombare) accanto ad insediamenti dei templari stessi.

Nel 1700 i primi giornali che venivano stampati in Belgio e Olanda ricevevano le notizie di prima mano da una catena di colombi viaggiatori in dotazione ai loro corrispondenti.

E’ risaputo che la notizia della sconfitta di Napoleone a Waterloo arrivò a Londra tramite relazioni portate da colombi viaggiatori dati in carico alle truppe inglesi dal banchiere Nathan Rothschild.

 Un altro episodio molto conosciuto è quello dell’uso dei colombi durante l’assedio di Parigi nella guerra franco-prussiana nel 1870-71; i colombi viaggiatori allevati nelle colombaie dei tetti parigini, venivano portati fino alla città di Tours con l’impiego di aerostati ad aria calda; quando venivano rilasciati con i messaggi inseriti nelle capsule a loro attaccate, i colombi ritornavano ai loro tetti di Parigi fornendo notizie aggiornate.

Fu in questo periodo che si effettuarono i primi esperimenti con la fotografia, immortalando decine di messaggi in pellicole tipo microfilm. In questo modo, attraverso i colombi, furono recapitate enormi quantità di messaggi militari segreti. Già alla fine del 1800 il tedesco Julius Neubronner sperimentò una serie di piccolissime e leggere macchine fotografiche (circa 70 grammi)

 

 


  

 

Foto 2: Panoramica effettuata da un colombo viaggiatore

 

che potevano eseguire una foto di quattro cm. di lato; era nata la pigeon camera, poi brevettata nel 1903. Lo scatto della fotocamera era effettuato da un temporizzatore che, dopo aver calcolato il tempo di percorrenza fino al luogo prescelto, veniva attivato. Il problema più grande era riuscire a disporre di colombi ben addestrati, perché non sempre essi, una volta lanciati, si dirigevano verso l’obiettivo indicato.

 

 

 

Foto 3: Colombi viaggiatori muniti di fotocamera

 

La tecnica del volo

 

Il sistema dei colombi viaggiatori si basa sul loro spiccato senso di orientamento per far ritorno verso il proprio nido (colombaia) in modo abbastanza veloce. Molto è stato scritto su questo particolare istinto (homing), ma sembra certo che i piccioni abbiano una specie di senso attivato dalle differenze del campo magnetico terrestre che riesce a farli orientare da distanze impensabili ed improponibili e da luoghi sconosciuti sino dal momento del lancio in volo. Anche nell'utilizzo militare il colombo viene addestrato a ritornare sempre alla sua voliera. Se, ad esempio, la voliera è tenuta presso il comando di divisione, un colombo assegnato ad un reggimento in prima linea, una volta rilasciato, tenderà sempre a raggiungere la sua colombaia, ovvero il comando di divisione. 

In passato, quindi, il militare che doveva spedire un messaggio, scriveva su leggeri fogli di carta messaggi brevi ma dettagliati, e li inseriva nella speciale capsula fissata alla zampa o al petto del colombo viaggiatore. A questo punto, il militare lanciava il colombo in aria il più in alto possibile; dopo un breve volo circolare il volatile prendeva decisamente la rotta verso la sua voliera. All'arrivo nella colombaia un contatto elettrico faceva suonare un campanello che segnalava agli addetti alla ricezione che era arrivato un nuovo messaggio. Il messaggio veniva rimosso e portato al Comando interessato alla notizia. 

Normalmente i colombi viaggiatori volano a velocità tra i 55 e i 65 chilometri all'ora, ma in situazioni di vento favorevole possono arrivare a superare i 100 chilometri orari. Il raggio d’azione standard e di circa 40-50 Km, ma essi possono arrivare a coprire una distanza anche di 700-800 Km.

L’addestramento e le gare dei colombi viaggiatori al giorno d’oggi si svolgono su queste distanze.

Le gabbie con i volatili vengono caricate su un mezzo di trasporto e portate  a distanze decise dall’Associazione colombofila (circa 5-600 km). All’orario prestabilito vengono aperte le gabbiette. L’autista telefona poi l’orario di apertura al responsabile dell’associazione il quale riceverà in seguito, dagli iscritti alla gara, la marcatura dell’orologio di arrivo del colombo.

Ogni singolo animale possiede, inserito nella zampa, un anello identificativo che lo seguirà in tutta la sua esistenza come una carta d’identità.

Il colombo viaggiatore si differenzia dal normale colombo di città soprattutto perchè vive e si riproduce esclusivamente nelle colombaie; non potrebbe vivere fuori da esse perchè il suo stile di vita, acquisito fin dalla nascita, e la sua educazione alimentare non lo rendono autosufficiente.

 

 

 

 

Foto 4 - Esempio di colombigramma;

 

La prima guerra mondiale

 

Agli inizi della prima Guerra Mondiale, non essendo ancora sviluppata la trasmissione telegrafica di Guglielmo Marconi, la componente aerea della Marina Militare aveva comunque l’esigenza di poter comunicare con le basi a terra le osservazioni della flotta nemica in fase di spostamento dalle loro basi navali ed inoltre, e di garantire la segnalazione di eventuali ammaraggi non programmati a causa di guasti agli idrovolanti. Le altre nazioni in guerra usavano da diverso tempo il sistema dei colombi viaggiatori i quali, alloggiati in piccole cassette di vimini intrecciati, venivano dati in dotazione ad ogni apparecchio quando usciva in volo. Le foto che seguono mostrano una sequenza di carico su un idrovolante francese in partenza per una missione.

 

                                  

 

Foto 5 e 6- Allaccio della capsula portamessaggio  alla zampa del colombo e un po'  di “coccole”prima del decollo.

Foto 7 e 8 -  Inserimento del colombo nella gabbia.

Foto 9 e 10 – le gabbie  vengono posizionate  all’interno dell’apparecchio.

           

Colombaia della Stazione idrovolanti S. Andrea - Venezia

La Stazione idrovolanti di S. Andrea di Venezia cercò di adeguarsi a questa necessità e, nell’agosto del 1916, chiese allo Stato Maggiore della Marina la costruzione di una colombaia ad uso e servizio degli equipaggi degli apparecchi. Nel febbraio del 1917 il Comando della Stazione Idrovolanti, attraverso l’Ispettorato dei Sommergibili e dell’Aviazione essendo la colombaia terminata e pronta all’uso,  chiese il rimborso delle spese  sostenute, come dal documento in visione datato 20 febbraio 1917.

 

 

 

 

 Foto 11:  richiesta pagamento lavori colombaia a S. Andrea – Venezia

 

La costruzione risultò effettivamente come una casetta in mattoni e con un tetto normale di tegole; una scaletta di accesso al piano superiore ed un terrazzo dove raggiungere l’ingresso dei colombi agevolavano il lavoro degli addetti ai lavori di gestione della colombaia.

 

 


  Foto 12, Colombaia S. Andrea - Venezia

Il personale addetto alla cura dei colombi doveva compilare una scheda giornaliera sullo stato “patrimoniale” della colombaia stessa, segnalando i colombi giornalieri, quelli viaggiatori, quelli da riproduzione, quelli ancora giovani (detti “piccioncini”) ed eventuali decessi. Il rapporto nella foto in visione risale al maggio del 1920.

 

 

 

 

Foto 13 – Rapporto mensile situazione colombi, maggio 1920

 

Contributo alla vittoria finale: De Carlo e Tandura

 

Un uso continuativo e molto importante dei colombi viaggiatori iniziò a diffondersi subito dopo l’offensiva italiana di fine giugno 1918 quando, ricacciato completamente il nemico sulla riva sinistra del Piave, si fece sentire urgente il bisogno di avere notizie precise sulle forze austriache, sulla loro dislocazione, sul loro morale, sulle postazioni delle artiglierie, ecc. Per poter decidere se si dovesse o no proseguire in una azione offensiva, si pensò di usare il sistema già impiegato sul fronte francese dagli alleati e dai tedeschi e già attivo anche in Italia, e consistente nel lanciare in campo nemico mediante apparecchi, informatori che esercitassero e organizzassero lo spionaggio e mandassero notizie tramite “colombigramma” per mezzo di colombi viaggiatori e poi riferissero diffusamente al loro ritorno. Si offrirono volontari il Cap. Gelmetti, comandante di una squadriglia Voisin di Marcon, ed il Ten. osservatore Camillo De Carlo. Il tenente fu lasciato assieme al suo attendente (il Caporale Bottecchia) a Pordenone ed eseguì quanto richiesto dal comando, inviando notizie dettagliate e precise. La notte stabilita per il recupero, il Capitano Gelmetti si recò sul posto convenuto con il suo apparecchio, ma scoperto e fatto segno a fuoco antiaereo , dovette rinunciare a compiere la missione di rientro. Il De Carlo fu lasciato in balia di se stesso e dopo lunghe peripezie riuscì a tornare nelle nostre linee coi suoi mezzi, guadagnandosi la medaglia d’oro.

Maggior successo ebbe il Tenente degli Arditi Alessandro Tandura, paracadutato con un apparecchio di notte e per la prima volta in Italia presso Vittorio Veneto (all’epoca denominata semplicemente Vittorio in quanto il nome fu cambiato solo nel 1923, dopo la fine della I Guerra Mondiale).


  

Foto 14: Mappa della zona di operazioni di Tandura

 

Dal 10 agosto 1918 a intervalli regolari  Tandura inviò messaggi con colombi viaggiatori che gli venivano paracadutati di notte, dentro a gabbiette rivestite di filo metallico per proteggerli da eventuali rotture durante la caduta.

 

 

 

 

Foto 14 bis: disegno della modifica dell’apparecchio di Tandura

 

 

Il Tandura, sfruttando la conoscenza della zona in cui abitava la sua famiglia, e con l’aiuto della famiglia stessa, inviò una serie di colombigrammi segnalando gli spostamenti delle truppe austro-ungariche, pur catturato per ben due volte dal nemico, non venne riconosciuto e riuscì a fuggire. Rimase in zona nemica fino a tutto il mese di ottobre organizzando la resistenza e i sabotaggi delle installazioni avversarie; quando venne scoperto, ormai il nemico era in ritirata e Tandura, protetto dagli abitanti amici, rientrò quindi nelle nostre linee. Venne decorato di medaglia d’oro al V.M.

 

Foto 15: Avviso consegnato agli abitanti della zona di guerra

 

 

Tenente di Vascello Eugenio Casagrande

 

Le missioni così progettate non furono più ritenute praticabili con aeroplani.  D’altra parte, a tali missioni non si volle comunque rinunciare, vista la loro capitale importanza per tutto ciò che riguardava decisioni e pianificazioni delle offensive italiane. Si pensò allora di ricorrere agli idrovolanti e si presero accordi tra la 3°Armata e il Comando del Gruppo Squadriglie di S. Andrea a Venezia. Sorse subito una gara tra i comandanti delle squadriglie  da bombardamento e ricognizione, il Tenente di Vascello S.A.R. Duca di Spoleto, Comandante della 1a Squadriglia,  il Tenente di Vascello Eugenio Casagrande, Comandante  della 4a Squadriglia,  e il Tenente di Vascello Giuseppe Diana, Comandante della 3a Squadriglia. Ciascuno di essi sosteneva il dovere/diritto in capo ad ogni comandante di squadriglia  di poter compiere missioni così difficili. Dalla competizione uscì vincitore il TV Casagrande, il quale cominciò subito (ai primi di luglio 1918) il proprio allenamento speciale e lo studio dell’organizzazione delle sue missioni.

Concettualmente, il piano operativo di Casagrande era il seguente: eseguire accurate ricognizioni e fotografie delle zone prescelte per l’ammaraggio, definire minuziosamente i particolari delle spedizioni, i segnali convenzionali, le notti, le ore e i segnali per il recupero. Venne eseguita la taratura del carburatore del motore dell’idrovolante che in fase di ammaraggio in volo planè non doveva superare i 200 giri al minuto per evitare che il  motore emettesse scoppi dovuti alla benzina e risultasse troppo rumoroso. Si decise addirittura di spegnere il motore prima dell’impatto con l’acqua, ma si pensò poi che in caso di decollo di emergenza occorresse tenere  il motore pronto per la partenza. Dopo la prima missione, pertanto, si decise di mantenerlo acceso. Il  Casagrande venne anche fornito di documenti austriaci messi a disposizione dal sindaco di Caorle. Fu inserito anche un bidone di benzina sotto il sedile del pilota, per distruggere l’apparecchio in caso di assalto austriaco; il contenitore doveva essere rotto con un’ascia data in dotazione; la benzina, allagando il “boat”,  veniva incendiata e distruggeva il velivolo.

 

Nella relazione della 1° missione eseguita il 30 luglio 1918 Casagrande scrisse testualmente:

 

“Alle 3 e 38 sbarca il Tenente De Carli che compie una breve perlustrazione mentre io aiuto il Caporale a sbarcare materiale e piccioni. Alle 3 e 50 decollo allontanandomi basso verso Tagliamento”

 

15° Missione Speciale- Ricupero diurno della missione del Capitano  Dispensa.

Località: Canale dei Lovi presso Villaviera.

 

“La coppia del Cap. Dispensa e del Ten. Meazzi inviava nel pomeriggio del 28 ottobre un colombigramma avvertendo che erano stati scoperti ed erano ricercati e circondati, che da due giorni vivevano nella palude e che il nemico cominciava a perlustrare anche questo loro nascondiglio. Avvertiva anche che avrebbero cercato portarsi presso il canale dei Lovi rimanendo nascosti  nella palude e sperando in un ammaraggio diurno in quanto in quel periodo della notte mancava “luna”.

 

In totale Casagrande eseguì 15 missioni, portando oltre le linee nemiche i seguenti militari: Capitano mitragliere Dispensa, Tenente di Fanteria Meazzi, Tenente Manacorda, Tenente De Carli, Aspirante Bertozzi, Capitano Carletto, Tenente Carturan.  Questo gruppo di “Arditi” venne chiamato della “Giovane Italia”.

Il TV Eugenio Casagrande venne decorato con la Medaglia d’Oro al VM e nominato Conte di Villaviera (piccola località dove egli ammarava per le sue missioni),  dal Re.

 

 

 Foto 16 - 1-Cap. Dispenza, 2-TV Casagrande, 3-Com. Roberti (Stazione S.Andrea)

4-Ten. Meazzi e 5-soldato di Cavalleria  sconosciuto.

 

 

 

 L’eroico Cher Amì

Come si può ben comprendere da quanto descritto ai paragrafi precedenti, soprattutto durante la prima Guerra Mondiale il  ruolo dei colombi viaggiatori, nelle comunicazioni diventò insostituibile. Nell’offensiva delle Argonne durante la battaglia che si protrasse per due mesi e che finalmente mise fine alla guerra, furono impiegati oltre 400 colombi che portavano messaggi nell'area di Verdun. Probabilmente il colombo eroe più famoso della Prima Guerra fu Cher Ami (Caro amico). Dopo avere espletato una dozzina di missioni importanti, Cher Ami, il 4 ottobre del 1918 compì la sua più mirabile impresa. Il giorno prima, il maggiore americano Whittlesey e più di 500 soldati furono intrappolati in una depressione sulle colline francesi; (da una parte erano sotto il fuoco amico, i francesi, e dall’altra sparavano i tedeschi). Trascorsero così l’intera notte con i proiettili che arrivavano da tutte le direzioni e il giorno dopo non ne rimanevano vivi che meno della metà. Dopo avere inviato diversi colombi, nel tardo pomeriggio al maggiore ne rimaneva uno solo, Cher Ami. Il fuoco amico rischiava di falcidiarli. Il maggiore diede un bacio a Cher Ami e lo liberò con un messaggio sotto l'ala. C'era scritto “We are along the road parallel to 276.4. Our own artillery is dropping a barrage directly on us. For heaven's sake, stop it”. (Siamo lungo il parallelo 276,4 e la nostra artiglieria ci spara addosso. Per l'amor del cielo fermatevi). I tedeschi videro in volo il colombo e aprirono il fuoco. Sembrava dovesse cadere ad ogni battito d'ali, ma il piccolo e “Caro Amico” volò e volò sempre più in alto, oltre la portata della “contraerea” e raggiunse gli alleati con il suo messaggio nel canestrino attaccato a una zampa. Aveva perso un occhio e un'ala, e una zampa era staccata dal corpo trattenuta solo da un tendine. I medici lottarono giorni per farlo sopravvivere e i francesi, saputa la sua storia, lo insignirono della Croce di Guerra per il suo servizio eroico nella consegna di 12 messaggi importanti nella battaglia di Verdun.


 

 

 

Foto 18: Cher Ami

 

 

    Quando si riprese abbastanza per poter riprendere a volare, pur con una sola gamba rimasta, il piccolo eroe fu messo su una nave in partenza per gli Stati Uniti. Al ritorno in America, Cher Ami diventò la mascotte del Dipartimento di Stato. Morì a Fort Monmouth nel New Jersey il 13 giugno 1919 per  le ferite subite in battaglia; venne imbalsamato  e successivamente, nel 1931, fu esposto nella Pigeon Racing Hall of Fame. Ricevette inoltre una medaglia d'oro dai corpi organizzati di American Racing Fanciers Pigeon in riconoscimento del suo servizio straordinario durante la prima guerra mondiale.

 

Conclusione

 

Generale Patrick Fowler. (Capo del dipartimento comunicazioni dell’esercito britannico)

 

“Durante i periodi di tranquillità possiamo utilizzare messaggeri, telegrafi, telefoni, segnalazioni con bandiere  e i cani, ma quando si accende la battaglia e la situazione si fa caotica con mitragliatrici, artiglierie o gas, dobbiamo affidarci ai piccioni. Quando i soldati si perdono o rimangono accerchiati dal nemico in località sconosciute, possiamo contare soltanto su comunicazioni affidabili. Le otteniamo solamente con i piccioni. Ci tengo a dire che essi, nel loro lavoro, non ci hanno mai tradito”.

 

 

 

Bibliografia.

 

Marchisio M. Morei G. - L’impiego dei Piccioni viaggiatori nella Prima Guerra Mondiale, Comando Logistico dell’Esercito Dipartimento di Veterinaria.

Bucciol E. - Animali al fronte, Venezia, Nuova Dimensione Ediciclo editore, 2003.

Ghigi A. - Piccioni domestici e colombicoltura, edizioni R.E.D.A , 1950.

Furlan G., Miraval G. - Trasmissioni e fatti della Grande Guerra: nel 70° della Vittoria, 1988.

Tandura A. – Tre mesi di spionaggio oltre Piave; agosto-ottobre 1918. Kellermann Editore, Vittorio Veneto, 2005.

Casagrande E. – Relazione delle missioni speciali del Tenente di Vascello Casagrande.

 

Siti web che trattano argomenti sui colombi:

http://www.pawsandclaws.com/stubby.htm;

http://www.greatwardifferent.com/Great_War/Animals_at_War/Animals_at_War_00.htm;

http://www.gwpda.org/photos/greatwr2.htm#animals

http://anelithchan.files.wordpress.com/

 

Foto: archivio Giovanni Solli